La frode carosello di Carlo Pandolfini
Per frode carosello s’intende un meccanismo finalizzato a frodare il fisco attuato mediante vari passaggi di beni, generalmente provenienti ufficialmente da un paese dell'Unione europea. In genere viene interposto un soggetto italiano (società di comodo tipicamente amministrata da un prestanome nullatenente) nell'acquisto di beni tra un soggetto comunitario (reale venditore) e un altro italiano (reale acquirente). Quest'ultimo ufficialmente risulta però aver acquistato dalla società di comodo, che emette una fattura con Iva ma non la versa, mentre l'acquirente (compiacente) la detrae.
In sostanza, sfruttando il principio comunitario di tassazione Iva nello Stato di destinazione del bene per le operazioni effettuate tra imprese, queste aziende acquistano beni senza pagarci l’Iva da soggetti residenti in un altro Paese Ue, poi rivendono in Italia a prezzi competitivi applicando l’imposta senza riversarla all’erario. I beni, quindi, sono immessi sul mercato nazionale oppure, dopo una serie di passaggi, rientrano in possesso del primo cedente. E così si chiude il cerchio che consente di sottrarre rilevanti risorse al Fisco. L’Unità di Informazione Finanziaria della Banca d’Italia, nell’ambito delle iniziative finalizzate alla prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo, ha da tempo sensibilizzato gli intermediari a mettere sotto osservazione e valutare la segnalazione di quelle operatività che potrebbero evidentemente rappresentare chiari sintomi di tentativi di frode Iva intracomunitaria. In particolare, l’Unità di Informazione Finanziaria di Banca d’Italia individua particolari situazioni e comportamenti a rischio che devono allarmare, in tal senso, gli operatori finanziari.
Spesso al rischio operativo si aggiunge il rischio di credito. Infatti nella realtà può capitare che aziende neo-costituite o non attive da tempo, caratterizzate da processi produttivi che non richiedono particolari investimenti in impianti e macchinari, operative in settori economici contraddistinti dall’assenza di magazzini ed esercizi aperti al pubblico, spesso interessate dal commercio on-line (la new-economy, favorendo il trasferimento di rilevanti flussi commerciali e finanziari abbattendo le barriere territoriali, favorisce l’offuscamento del business sottostante), amministrate da una persona fisica che, oltre ad essere nullatenente, in genere non ha idea di quale sia l’oggetto della società che amministra, con una sede legale/operativa dislocata in uno scantinato o presso terzi, ci richiedano un’apertura di credito. In questi casi non dobbiamo mai fidarci dei bilanci presentati e dal rating assegnato dalle nostre pratiche elettroniche di fido: in genere i prospetti contabili sono fatti ad arte per ottenere elevati giudizi di merito creditizio. Seguite invece questi semplici consigli:
Tali anomalie, oltre a nascondere potenziali tentativi di frode fiscale, possono esporre la banca a rischio di credito.
E’ assolutamente importante avere la consapevolezza che, nella nostra qualità di operatori bancari, non dobbiamo segnalare soltanto le operazioni che inequivocabilmente ricadono nelle fattispecie previste dall’art. 41 del D.lgs. n. 231/2007. Siamo altresì invitati a non instaurare rapporti continuativi o a bloccarli se ricorrono i comportamenti descritti dalle raccomandazioni di Banca d’Italia.
E se avere il sospetto significa perdere una buona operazione d’impiego e non portare a casa tutte quelle “covenant commerciali” concordate col cliente ricordiamoci che è meglio arrossire prima che impallidire poi.
Aggiungi commento
|
Ultimi articoli pubblicatiI più letti... |