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Consulente ma non troppo di Carlo Pandolfini

 

  

Non mi piacciono le tecniche di vendita: sono facilmente associabili a metodi di persuasione e manipolazione. Meglio definirsi consulente: questo non significa che dobbiamo ignorare le principali regole in grado di conferire alla trattativa maggiori possibilità di successo.   
 
Qualche anno fa, entrò a far parte della linea Privati della filiale, come responsabile dell'ufficio, un ragazzo con una lunga esperienza in campo finanziario: un esperto di finanza e di operazioni societarie, abituato a gestire portafogli ben diversificati e sempre pronto a dare "l'imbeccata" giusta... con una invidiabile sicurezza dei propri mezzi ed una tale autostima da rendergli facile il collocamento dei prodotti della cui bontà era convinto.
Dopo qualche mese dal suo arrivo un cliente da lui gestito inviò, tramite raccomandata, una richiesta di estinzione rapporti con relativo trasferimento dei titoli in portafoglio a terzi. Ringraziava, insolitamente, della consulenza ricevuta.
Appena dopo qualche settimana un promotore finanziario si presentò con una delega di un nostro cliente per il trasferimento della posizione titoli presso la SIM di riferimento del promotore.... interpellato, il cliente non sembrava avere ben chiari i motivi del trasferimento dei rapporti, però ci teneva, con mio stupore, a ringraziare della consulenza ricevuta... tra le righe il cliente mi fece capire che preferiva affidare "in gestione" il proprio portafoglio.
 
 
Consulente o venditore? Forse sarebbe meglio buon consigliere.
 
La situazione mi fa ricordare quando, nel 2000, mi fu assegnato l’incarico di addetto titoli di una struttura con importanti volumi d'intermediazione ed una clientela molto orientata al trading (erano gli anni delle OPA, IPO e della bolla speculativa legata ai titoli tecnologici): dopo una dissertazione con un cliente al quale spiegavo le teorie sottostanti la moderna teoria di portafoglio ed i vantaggi di una diversificazione efficiente ella (era una donna) mi fissò negli occhi e mi disse: “guardi che lei è stato mandato qui per dare consigli!”… Capii che dovevo togliermi il cappello di consulente e indossare il cappello di guru della finanza. 
 
In realtà il cliente aveva bisogno di essere aiutato nel fare le proprie scelte, le mie raccomandazioni e illustrazioni dei vari scenari creavano disagio e rifiuto.
 
La nostra visione spesso non si concilia con la visione del cliente, le nostre abitudini possono essere diverse dalle abitudini dei nostri clienti, le nostre priorità, preferenze, convinzioni non sono necessariamente le medesime di chi ho di fronte... ecco perché è molto importante lasciare sempre spazi al dubbio ed al confronto, nella consapevolezza che conta di più ciò che il cliente percepisce, rispetto a ciò che per noi è giusto.

 

 

 
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