La revoca delle aperture di credito di Carlo Pandolfini

  

 

Articolo 1842 del Codice Civile.

L’apertura di credito bancario il contratto col quale la banca si obbliga a tenere a disposizione dell’altra parte una somma di danaro per un dato periodo di tempo o a tempo indeterminato.

 

Articolo 1845 del Codice Civile.

Salvo patto contrario, la banca non può recedere dal contratto prima della scadenza del termine, se non per giusta causa. Il recesso sospende immediatamente l'utilizzazione del credito, ma la banca deve concedere un termine di almeno quindici giorni per la restituzione delle somme utilizzate e dei relativi accessori. Se l'apertura di credito è a tempo indeterminato, ciascuna delle parti può recedere dal contratto, mediante preavviso nel termine stabilito dal contratto, dagli usi o, in mancanza, in quello di quindici giorni.

 

Si precisa che, salvo diversa indicazione, quando una fonte del diritto determina un lasso temporale definito in giorni, essi si devono intendere di calendario, senza distinzione tra lavorativi e festivi.

 

Per comprendere il principio ispiratore sottostante l’articolo 1845 del Codice Civile dobbiamo partire dal presupposto che la concessione di un’apertura di credito si sostanzia in un contratto ispirato e fondato sul rapporto fiduciario che la banca ripone nel cliente: ogni causa che porta ad una sostanziale modificazione di tale elemento può essere considerato una giusta causa di recesso. Esempi di giusta causa potrebbero essere la sua mutata capacità reddituale, la diminuzione del valore della garanzia in caso di apertura di credito garantita, i continui sconfinamenti e i ritardi nel pagamento degli interessi e competenze, il verificarsi di atti di riduzione del patrimonio responsabile, la morosità, la dolosa alterazione dei documenti contabili forniti in sede di istruttoria o di rinnovo, la presenza di pregiudizievoli (ipoteche giudiziali, decreti ingiuntivi, sequestri conservativi, pignoramenti, protesti, ecc.), la presenza di circostanze che identificano una difficoltà finanziaria della controparte, altre situazioni di inadempimento/insolvenza… Se da una parte la Banca ha l’interesse di monitorare costantemente l’affidabilità della controparte per decidere se confermare o meno l’apertura di credito, anche l’affidato dovrà avere delle tutele che lo difendano da revoche degli affidamenti arbitrarie ed imprevedibili che si configurerebbero quando vi sia una carenza del presupposto di correttezza e buona fede tale da porre il cliente in una imprevista ed oggettiva situazione di grave difficoltà.

 

In genere se la banca revoca un’apertura di credito avrà sempre un motivo legato alla diminuita affidabilità della controparte, ma è sempre opportuno valutare bene che le modalità di revoca rispettino la normativa. Questa facoltà è stata inoltre disciplinata per evitare che essa, esercitata in maniera sconsiderata, possa arrecare grave pregiudizio all’affidato.

Infatti, il recesso di una banca da un rapporto di apertura di credito a tempo indeterminato, in regolare utilizzo, benché pattiziamente previsto anche in difetto di giusta causa, potrebbe considerarsi illegittimo, in ragione di un'interpretazione del contratto secondo buona fede, ove in concreto assuma connotati del tutto imprevisti ed arbitrari, contrastando, cioè, con la ragionevole aspettativa di chi, in base ai rapporti usualmente tenuti dalla banca ed all'assoluta normalità commerciale di quelli in atto, abbia fatto conto di poter disporre della provvista per il tempo previsto e non sia, dunque, pronto alla restituzione, in qualsiasi momento, delle somme utilizzate.

A tal proposito, la Cassazione ha sancito l’illegittimità della revoca quando viene fatta con arbitrarietà ed imprevedibilità che si configurano quando c’è carenza del presupposto di correttezza e buona fede tale da porre il cliente in una imprevista ed oggettiva situazione di grave difficoltà.

 

E’ vero che la banca ha la facoltà di recedere in qualsiasi momento dall’apertura di credito a tempo indeterminato, ma deve fare attenzione in non incorrere nell’abuso del diritto.
In linea di massima vi è abuso laddove possano essere dimostrati i seguenti dati:

E’ dunque importantissimo che il diritto di recesso della banca, anche quando è esercitabile in difetto di giusta causa (aperture di credito a tempo indeterminato), sia comunque valutato alla luce del principio di buona fede, dovendosi verificare se vi siano stati validi motivi che lo giustificavano, specie se attuato senza quel preavviso che avrebbe eventualmente consentito al correntista di rientrare dallo scoperto.


Un altro aspetto importante da considerare è che il recesso della banca dal contratto di apertura di credito è un atto recettizio, con la conseguenza che, al fine della produzione degli effetti che da esso derivano, è necessaria la prova del ricevimento della relativa dichiarazione da parte del destinatario della stessa. Si dà infatti per scontato che il termine minimo dei 15 giorni non possa che decorrere dalla comunicazione del recesso.

La prassi bancaria prevede che la comunicazione avvenga mediante raccomandata, quindi affinché l’atto di recesso produca effetti non è sufficiente che la raccomandata sia spedita, occorre invece che essa pervenga a conoscenza del destinatario (art. 1334 del Codice Civile) oppure che essa possa presumersi da questo conosciuta (art. 1335 del Codice Civile).

 

 

Per concludere, l’articolo 1845 del codice civile, che disciplina il recesso dal contratto di apertura di credito, è molto chiaro nel definire le modalità di revoca degli affidamenti: non dobbiamo tuttavia trascurare l’astrattezza delle norme giuridiche ed il loro prestarsi a interpretazioni non univoche (sarà sempre il giudice a decidere), quindi cauteliamoci così: