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I costi capitalizzati di Carlo Pandolfini

 

 

Si definiscono costi capitalizzati quei costi che, pur manifestandosi in un unico esercizio, si ritiene che forniscano la loro utilità al processo produttivo per un numero maggiore di anni. Si va così a ripartire il costo negli esercizi successivi.

 

Per fare un esempio, con riferimento alle spese d’impianto, che in genere sono spalmate in 5 esercizi, all’inizio la scrittura in partita doppia sarà SPESE D’IMPIANTO a FORNITORI (notaio che ha stipulato l’atto), alla fine di ogni esercizio AMMORTAMENTO SPESE D’IMPIANTO a FONDO AMMORTAMENTO SPESE D’IMPIANTO.

 

Le spese di pubblicità sono spesso oggetto di capitalizzazione ma, salvo casistiche particolari (ad esempio finanzio la ristrutturazione del Colosseo), non è generalmente giustificato protrarre l’utilità della pubblicità per più esercizi (si pensi ad esempio alle spese per il catalogo di stagione).

 

Dobbiamo fare attenzione a quelle situazioni in cui la capitalizzazione dei costi è utilizzata per nascondere delle perdite: una cosa è imputare a costo euro 10mila di spese di pubblicità sostenute nell’anno corrente, altra cosa è attribuire all’esercizio corrente soltanto euro 2,5mila.

A questo proposito si rileva che il decreto legislativo 139/15 ha eliminato la possibilità di capitalizzare le spese di pubblicità, comprese quelle in corso di ammortamento.


 

 

 
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